Giocare Dentro arriva nel carcere di Santa Maria Capua Vetere

Esperienza fuori regione per gli Educatori ludici della cooperativa La Pieve (associata al Consorzio Solco Ravenna) e il loro progetto Giocare Dentro che il 27 febbraio è stato presentato all'interno del carcere di Santa Maria Capua Vetere in provincia di Caserta.
“Siamo stati chiamati dalla casa editrice di giochi da tavolo Giochi Uniti per portare la nostra esperienza all'interno del carcere campano - racconta Gabriele Mari, educatore ludico e ideatore del progetto Giocare Dentro -. Giochi Uniti ha donato circa 50 giochi all'istituto penitenziario per creare al suo interno una ludoteca e hanno chiesto il nostro supporto per organizzare 4 laboratori con cui coinvolgere i detenuti”.
In cosa consiste Giocare Dentro?
“Giocare Dentro è un progetto che porta il gioco da tavolo all'interno delle carceri, tenendo fede all'aspetto rieducativo che in teoria dovrebbero avere questi istituti. Noi educatori ludici creiamo occasioni di gioco con i detenuti, occasioni che si trasformano in momenti di socialità, di interazione, di conoscenza dell'altro, di rispetto delle regole, di fallimenti e di vittorie”.
Come funziona?
“Solitamente si parte con giochi semplici da spiegare e che abbiano partite di breve durata. Inoltre si tratta di giochi che richiedono una certa interazione tra i giocatori perché l'obiettivo è di stimolare il dialogo e la conoscenza reciproca. Facciamo vedere che il gioco non è solo competizione, ma un modo per stare insieme: conoscendoci facciamo anche prevenzione del conflitto”.
Quando nasce il progetto?
“Il progetto nasce a Ravenna nel 2016 per i detenuti del carcere della città. È stata un'esperienza pioneristica durata circa 6 anni, con la quale abbiamo portato all'interno della casa circondariale oltre 100 giochi diversi e coinvolto 60 persone, che hanno giocato per più di 300 ore. Oggi la progettazione su Ravenna si è conclusa, il progetto però si presta a essere replicabile e siamo pronti a costruire nuove sinergie e portare la nostra esperienza su altri territori”.
La Pieve di cosa si occupa per il progetto di Santa Maria Capua Vetere?
“Ci occupiamo della formazione degli educatori che poi seguiranno in loco il progetto. Parteciperò personalmente al primo e all'ultimo laboratorio previsto, mentre seguirò a distanza gli altri due. Verranno coinvolti in tutto 24 detenuti, divisi in due gruppi”.
Nella sua esperienza con questo progetto cosa l'ha colpita di più?
“Mi hanno colpito le reazioni di alcuni detenuti. C'era chi diceva di non aver mai vissuto questo tipo di intrattenimento, chi sosteneva che se avesse avuto questo tipo di relazione sociale ‘prima' forse non sarebbe finito in brutti giri. Inoltre mi ha colpito molto la prospettiva del dopo riportata da qualcuno, c'è chi ha detto di non vedere l'ora di uscire dal carcere per comprare dei giochi e giocare con i propri figli. Tutto questo evidenzia che abbiamo seminato qualcosa”.
Avete qualche idea su come potrebbe evolvere il progetto?
“Sì. Abbiamo diverse idee: ci piacerebbe coinvolgere allo stesso tavolo di gioco polizia penitenziaria e detenuti; utilizzare il gioco da tavolo negli incontri che i detenuti hanno con i loro familiari; organizzare dei tornei tra cittadini e detenuti. Ci sono tante possibilità. Presto uscirà un articolo scientifico a cura di Luca Decembrotto, referente del Polo universitario penitenziario per il Dipartimento di Scienze dell'educazione dell'Università di Bologna, su Italian Journal of Educational Technology in cui verrà data evidenza a quello che noi sperimentiamo ogni giorno con questo progetto: il forte potere educativo del gioco”.