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Oltre i numeri: la cooperativa ForB e il ruolo del privato sociale per un lavoro che sia davvero di tutti


Oltre i numeri: la cooperativa ForB e il ruolo del privato sociale per un lavoro che sia davvero di tutti
 La realtà forlivese punta sulla differenziazione dei servizi. Il presidente Marconi: “Solo così siamo in grado di fornire più opportunità di inserimento lavorativo”
 “Ciò che fa la differenza è il clima che si costruisce ogni giorno dentro la cooperativa, la possibilità di creare contatti e relazioni per i lavoratori svantaggiati è un valore che va oltre il lavoro”: sono le prime parole scelte da Mauro Marconi, presidente della cooperativa sociale ForB di Forlì e vice presidente di Federsolidarietà Confcooperative regionale, per raccontare questa realtà del Terzo Settore, che oggi conta 117 dipendenti di cui 28 persone svantaggiate, più una decina di persone in condizione di disagio sociale. 
ForB è una cooperativa sociale di tipo B nata nel 2015 dalla fusione di due realtà storiche della città (CoForPol e Ecosphera). Negli anni ha ampliato i settori di intervento, dai servizi di gestione di autoparchi e parcheggi in genere alla cura e manutenzione del verde, dal settore delle disinfestazioni e sanificazioni, delle pulizie civili e industriali al servizio di raccolta rifiuti anche porta a porta.
“Differenziare i servizi fa parte di una strategia ben precisa che consente di fornire più opportunità di inserimento per le persone svantaggiate - precisa Marconi -. La cooperativa infatti va vista nel suo complesso, il suo sviluppo deve salvaguardare un equilibrio fatto di solidarietà e sostenibilità economica. Ciò significa riuscire a supportare anche i servizi più deboli economicamente grazie alla partecipazione a società che generano utili. L'agricoltura sociale è un esempio: poco redditizia, ma in grado di dare risposte lavorative a persone con problematiche anche gravi, da sola non reggerebbe”.
Il Terzo Settore si muove in un contesto sempre più complesso, spesso con un mercato che mette a rischio anche la minima marginalità. “Da soli è sempre più difficile ampliare anche territorialmente le attività, per questo abbiamo scelto di partecipare ad alcune reti consortili - aggiunge -. A volte soffriamo la competizione delle cooperative di produzione lavoro, avvantaggiate rispetto a noi, che abbiamo differenze di produttività e precisi obblighi di formazione: oggi si parla tanto di disability manager, ma sono cose che facciamo da trent'anni. Se si fotografa il presente saltano agli occhi le percentuali di lavoratori svantaggiati che occupiamo, ma vorrei ricordare anche i tanti che sono riusciti ad andare in pensione”. Sono risultati che non riguardano soltanto i singoli: “Hanno una ricaduta sulla società - conclude il presidente -, ed è un valore aggiunto per i territori in cui viviamo”.
Giulia Fellini
 

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