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Porto di Ravenna: aumentano le imprese che non rispettano gli accordi su tariffe e contratti


Porto di Ravenna: aumentano le imprese che non rispettano gli accordi su tariffe e contratti

Sono quasi scomparse le false cooperative soppiantate da srl. Ferri (Confcooperative): “Temiamo sia un fenomeno studiato a tavolino per sfuggire all'organo di controllo che abbiamo istituito a livello cooperativo”

Il fenomeno delle aziende di facchinaggio, di trasporto e di pulizie che si propongono a prezzi decisamente inferiori a quelli di mercato non si è risolto, anzi. Negli ultimi mesi, a Ravenna e in altre province si segnala un acuirsi del problema e si notano alcune differenze rispetto al passato. “Queste società che operano ‘border line' ci sono sempre state, ma la ripresa economica e il forte aumento dei volumi lavorati al Porto di Ravenna hanno alimentato il problema - spiega Pier Nicola Ferri, funzionario del settore Lavoro e Servizi di Confcooperative Romagna -. Si tratta di lavoro con pochi margini anche per gli operatori del porto ed è facile che aziende che si propongono a tariffe particolarmente basse trovino terreno fertile”.

Fortunatamente la maggior parte degli operatori sul territorio rispettano gli accordi presi a livello locale (in particolare le tariffe proposte dall'Ispettorato del lavoro, anche se non obbligatorie ndr) ma ci sono aziende, anche molto grosse, che si fanno meno problemi. “Quasi tutte quelle collegate alle maggiori organizzazioni di rappresentanza del mondo industriale, pur con molte trattative, rispettano le tariffe e riconoscono i costi del lavoro decisi in sede di ispettorato - aggiunge Ferri -. Purtroppo c'è anche chi non lo fa e questo ha generato un grande afflusso di società di facchinaggio o di trasporto che applicano prezzi insostenibili se teniamo conto del costo degli istituti contrattuali e dei versamenti previdenziali e fiscali”. 

Oggi, tra l'altro, le cosiddette “cooperative spurie” sono quasi scomparse e le nuove società che si affacciano sul mercato ravennate sono srl: “Ci siamo confrontati con i colleghi di altri territori e anche lì c'è stato questo cambiamento. Temiamo sia un fenomeno studiato a tavolino per sfuggire all'organo di controllo che abbiamo istituito a livello cooperativo, ossia l'Osservatorio del lavoro in cooperativa - sottolinea Ferri -. Questo, ovviamente, rende ancora più difficile effettuare controlli da parte delle centrali cooperative, che sono il principale riferimento degli operatori di questo settore”. 

Da ultimo c'è la questione dei costi, che, conti alla mano, non si spiega. “Pagare gli stipendi dei propri lavoratori a quelle tariffe è insostenibile e può essere che queste società non versino tutti i contributi richiesti a livello previdenziale e fiscale. In caso di mancati versamenti dei contributi Inps e Inail, però, il committente risponde in solido con la società morosa, e questo rappresenterebbe un rischio. In caso di mancato versamento dell'Iva, invece, l'erario ci metterebbe alcuni anni ad accorgersene: riteniamo possa essere questo l'escamotage utilizzato” conclude. 


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