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Agrintesa: 'Serve più coraggio nel fare organizzazione'


Agrintesa:
Il presidente della cooperativa faentina, Raffaele Drei, spiega perché occorre prevedere percorsi di rafforzamento del comparto agricola
Le aziende, gli operatori e, più in generale, l'intero comparto agricolo stanno vivendo una fase di forte preoccupazione a causa del perdurare di quotazioni non brillanti e al di sotto delle aspettative dopo un raccolto medio/scarso dei prodotti invernali.
Il presidente di Agrintesa Raffaele Drei sottolinea come, ormai, sia sempre più urgente rafforzare il ruolo del comparto agricolo per fare in modo che questo sia davvero in grado di incidere sui prezzi e sui quantitativi da immettere sul mercato.

Il settore agricolo sta vivendo una fase di sofferenza. Quali sono i principali fattori che hanno generato questa situazione?
“Di stagione in stagione l'agricoltore deve fare i conti con un andamento climatico che, ormai da anni, sta dimostrando tutte le bizzarrie possibili: dalla carenza di acqua alle temperature particolarmente elevate, dalle fioriture anticipate (che ormai sono la normalità) alla conseguente incertezza sulla distribuzione dei calendari di raccolta nei diversi areali. Se a tutto questo aggiungiamo la delusione per le attuali quotazioni del prodotto invernale il quadro è completo. Il ragionamento non è riferito alla singola situazione di Agrintesa ma, più in generale, sono riflessioni che stanno interessando l'intero comparto a livello nazionale”.

Cosa non va esattamente nell'attuale mercato ortofrutticolo?
“Nonostante le produzioni siano state basse nel caso di pere e kiwi (fanno eccezione le mele) - ma anche altri prodotti che non interessano direttamente Agrintesa - non si registrano quotazioni in risalita come invece ci si aspettava in questa fase di mercato. I consumi non danno segnali di ripresa e, in un contesto di pessimismo e depressione, il sistema della distribuzione continua la strategia del prezzo basso o quantomeno ‘conveniente'. Su tutto questo incide negativamente anche una situazione produttiva extra italiana in taluni casi abbondanti e aggressiva”.

C'è un riferimento in particolare?
“La Polonia per quanto riguarda le mele, la Grecia per quanto riguarda il kiwi o i Paesi Bassi per quanto riguarda il comparto pere stanno acquisendo quote di mercato facendo leva su quotazioni molto inferiori a quelle che noi, invece, abbiamo estrema necessità di difendere”.

C'è qualcosa che si può fare per arginare questo fenomeno?
“Di fronte a questa situazione stanno, come sempre, emergendo ampi dibattiti e articoli sulla stampa specializzata, soluzioni poco concrete e tante buone intenzioni spesso espresse anche da chi non ha mai partecipato a percorsi di collaborazione o aggregazione. Purtroppo io credo che il momento attuale stia dimostrando, ancora una volta, come la frutticoltura sia da tempo parte di un contesto globale dove tutti stanno correndo e soprattutto concentrandosi, dimensionandosi, per affrontare la sfida globale in modo competitivo. E' sempre più necessario superare i particolarismi e puntare all'organizzazione oltre che al contenimento dei costi. Se su quest'ultimo punto si può fare poco, perché molti costi dipendono da fattori esterni al mondo agricolo e sono ormai scarsamente comprimibili, sul fronte organizzativo si potrebbe invece fare un salto di qualità. Il livello di aggregazione che si è ottenuto in una regione come la nostra sta evitando il manifestarsi di situazioni ancora più pesanti ma ci vorrebbe più coraggio nel fare organizzazione in modo incisivo e non solo in termini di buoni intenti”.

Parliamo quindi del sistema Italia?
“Parliamo di sistema Italia, di sistemi commerciali e produttivi nazionali. Oggi ognuno presenta la propria ricetta dimenticando che sono cinquant'anni che parliamo di queste cose. Credo sia davvero arrivato il momento di creare un'organizzazione che sia in grado di governare l'immissione sul mercato e decidere strategie sul prodotto”.

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